mercoledì 9 novembre 2011

I giorni dello Zafferano

Sicuramente tutti conosciamo il sapore di un buon risotto allo zafferano, ma avete mai sentito il dolce profumo di questi delicati fiori viola? Se non lo avete mai fatto, provatici, è magnifico!
Ma ancor più bello è raccoglierli: sembra che spuntino dal nulla, dalla terra nuda che comincia ad andare a riposo e con i primi freddi che si avvicinano, i piccoli boccioli fanno capolino per poi schiudersi in una corolla di sei petali, senza foglie e con gambi cortissimi.
Lo zafferano (Croccus sativus L.) fiorisce tra ottobre e novembre per circa due settimane, i fiori si dovrebbero raccogliere al mattino, appena scompare la ruggiada e si ripongono in cesti di vimini cercando di non comprimerli.
Si procede poi alla separazione degli stimmi dal fiore, quelli rossi, che vanno posti su telai o su garze vicino ad una fonte di calore per privarli dell'umidità e consentirne la conservazione.


I componenti più rilevanti di questa spezia sono la crocina, la crocetina, la picrocrocina e il safranale. La crocina determina il colore tipico dello zafferano, mentre il safranale è il responsabile dell'odore caratteristico.
Si ritrovano inoltre anche sali minerali, vitamine del gruppo B e componenti volatili.
Oltre agli aspetti culinari, sono da ricordare anche i suoi impieghi nella medicina tradizionale come stimolante, afrodisiaco,  antispasmodico ed emenagogo.


giovedì 7 aprile 2011

I cibi e la tradizione

Un interessante articolo con relativo elenco dei cibi che venivano e vengono consumati durante l'anno. Ogni alimento scandisce la vita dell'uomo e il lavoro agricolo serve a produrli, un continuo ciclo che si riempie di tradizioni da non perdere!
http://www.taccuinistorici.it/ita/news/moderna/bdizionarietti/Cibi-tradizionali-contadini.html

Storia della Vernaccia di Oristano

Consiglio la lettura di questo breve articolo di G Fancello sulla storia della Vernaccia di Oristano, cliccate sul link!
http://www.taccuinistorici.it/ita/news/antica/cvini---vitigni/Vernaccia-di-Oristano.html

domenica 27 marzo 2011

L'Orto Sinergico. I primi germogli (3° fase)

Alle volte è meglio lasciar fare alla natura. Meglio che il tempo faccia il suo corso.
Infatti proprio questa è la filosofia con la quale questo orto sinergico ha progredito in questo mese. Il mese di Marzo ci porta la Primavera, il risveglio della Terra, temperature più miti, che assieme all'umidità del suolo, favoriscono la germinazione dei semi. 
Non sono state fate nuove modifiche, se non quelle di verificare lo stato dello strato pacciamante di paglia e soprattutto controllare quali semi sono germinati. All'appello ci sono tutti: cipollotti rossi, coriandolo, tarassaco e sono state piantate una decina di piantine di insalata.
In questa fase è utile cominciare a spostare la paglia nei punti in cui stanno spuntando le piante, per facilitare la loro crescita verso l'alto.
Lattuga
piccole piante di Coriandolo
piccola pianta di Tarassaco, appena spuntata



venerdì 25 marzo 2011

INCONTRI DiVINI

Nuovo appuntamento con il Vino, la sua produzione e la sua degustazione!
L'Associazione Culturale "L'Isola delle Janas", il Comune di Ussaramanna e
il "Gruppo Viticoltori Ussaramanna",
vi invitano a

INCONTRI DiVINI
serata all'insegna del Vino, dalla produzione all'analisi sensoriale

Sabato 2 Aprile, ore 18.00 a USSARAMANNA
vi aspettiamo
ingresso libero

domenica 20 marzo 2011

Vino: la produzione

Si può definire il Vino?
A questo particolare prodotto possiamo attribuire diverse definizioni a seconda dell’aspetto che si prende in considerazione.
Si presenta apparentemente omogeneo, invece stiamo parlando di un composto complesso e ricco di costituenti, per questo alcune diciture possono risultare riduttive.
Dal punto di vista normativo:
-          Il regolamento (CE) n°1493/1999 definisce il vino come il prodotto ottenuto dalla fermentazione totale o parziale dell’uva fresca, pigiata o no, o del mosto d’uva.
Dal punto di vista microbiologico:
-          Il vino è il prodotto della fermentazione alcolica del mosto d’uva per opera dei lieviti del genere Saccharomyces.
Dal punto di vista chimico:
-          Il vino è il prodotto della fermentazione alcolica di uve sane, pigiate bianche o nere. È una miscela acida di vari composti, quali:
o   Acqua 83-90%
o   Alcoli (etilico, metilico, glicerina, alcoli superiori)
o   Esteri (acetato, isobutirrato, succinato di etile: aromi secondari)
o   Acidi (tartarico, malico, lattico, succinico, acetico)
o   Zuccheri (glucosio, fruttosio, triosi, pentosi)
o   Sostanze minerali (K, Na, Fe,Cu, Pb, Zn, solfati e fosfati)
o   Sostanze azotate
o   Polifenoli (acidi fenolici, flavonoidi)

Mettendo assieme queste definizioni si può avere una descrizione più completa del vino, in quanto vengono presi in esame diversi aspetti fondamentali.

La Vite
Ordine: RHAMNALES
Famiglia: VITACEE o AMPELIDACEE
Sottospecie: Vitis vinifera sativa (Coltivata)
                    Vitis vinifera silvestris (selvatica)

-          Vite americana: radici poco sensibili alla Philloxera, foglie molto sensibili (formazione galle)
-          Vite europea: radici molto sensibili alla Philloxera, foglie poco reattive

 Il vino è influenzato dai seguenti fattori:
-          Caratteristiche pedoclimatiche
-          Caratteri della pianta
-          Varietà
-          Tecniche produttive
-          Raccolta
-          Metodo di produzione

Processo produttivo
Lo stato di maturazione dell’uva condiziona la qualità del vino ed è uno dei fattori più importanti. Infatti se viene vinificata una varietà in periodi differenti di maturazione, si ottengono prodotti nettamente diversi sotto il profilo gustativo e compositivo. Quindi è indispensabile conoscere le varie fasi evolutive dell’acino:
-          Periodo erbaceo
-          Invaiatura
-          Maturazione
-          Sovramaturazione

La maturazione delle uve varia in base alla varietà e al clima, orientativamente può cominciare ad agosto per le varietà più precoci e terminare a ottobre per quelle più tardive.

Una volta effettuata la raccolta, manualmente o meccanicamente, le uve vengono conferite alla cantina e il processo inizia con il loro scarico in macchine dette pigiadiraspatrici, nelle quali avvengono le operazioni di pigiatura e diraspatura. Con la pigiatura si schiacciano gli acini e fuoriesce il mosto, la diraspatura serve ad eliminare i raspi che sono poveri di zuccheri e ricchi di sostanze indesiderate.

A questo punto si deve differenziare il processo di vinificazione:
-          vinificazione in rosso
-          vinificazione in bianco
-          vinificazione in rosato

Possiamo avere:
-          vino rosso,      da uve nere
-          vino bianco,    da uve bianche e nere
-          vino rosato,     da uve nere
-          vino novello,   da uve nere
-          vino spumante, dipende dal vino base

Vinificazione in rosso
Dopo la pigiatura e la diraspatura, il mosto viene mandato, con apposite pompe, nelle vasche dove avrà luogo la fermentazione.
La peculiare caratteristica della vinificazione in rosso, consiste nel far macerare il mosto a contatto con le vinacce. Per vinacce si intendono le bucce più i vinaccioli (semi). La macerazione può avere durate differenti a seconda del prodotto che si vuole ottenere, può essere di:
4-5 giorni     macerazione breve       per ottenere vini freschi, fruttati, non ricchi di colore, con pochi tannini e poche sostanze estrattive, da bere giovani.
20-30 giorni macerazione lunga       per vini più ricchi di colore, con più tannini, più estratti, che possono subire un lungo invecchiamento.

Come già detto, nella fermentazione in rosso, le vinacce sono tenute a contatto con il mosto, questo fa si che vengano trasferite al futuro vino, numerose sostanze per arricchire il gusto, i profumi e il colore.
La massa costituita da bucce e vinaccioli tende a salire in superficie e a formare il cappello, che a contatto con l’ossigeno può dare inizio a ossidazione e acetificazione, per questo si eseguono follature e rimontaggi per tenere le vinacce umide, o tramite un falso fondo vengono tenute in continua immersione. In queste fasi sono tenuti sotto controllo determinati parametri e vista l’importanza della fermentazione, questa viene eseguita spesso come fermentazione controllata, con l’utilizzo di speciali contenitori che mantengono costanti le temperature e con l’impiego di lieviti selezionati.
Terminata questa operazione si procede con la con la svinatura, ovvero la separazione del vino fiore dalle vinacce che possono essere sottoposte a torchiatura per estrarne il contenuto, ottenendo il così detto “vino da torchio”, che risulta più colorato, con più tannini, ma grossolano e ruvido, generalmente destinato alla distillazione.

Vinificazione in bianco
Con questo processo, dopo la pigiatura, le vinacce vengono separate immediatamente dal mosto. Le uve vengono pigiate in modo soffice che permette di ottenere un mosto pulito ricco di profumi fini, fruttati, con gusto fresco e delicato con scarsa presenza di tannini.
Il mosto così ottenuto viene pulito, ovvero “chiarificato” e fatto riposare in vasche refrigerate ritardando la fermentazione con l’aggiunta di SO2 (anidride solforosa), per poi essere avviata con l’aggiunta di lieviti selezionati dopo la chiarifica. Le temperature vengono mantenute tra i 18-20 °C.

SO2 (anidride solforosa):         per vini bianchi MAX 200 mg/L
per vini rossi MAX 160 mg/L

Cos’è la Fermentazione Alcolica?
La fermentazione alcolica è la prima fase del processo che trasforma il mosto in vino. È una reazione biochimica complessa, nella quale gli zuccheri del mosto vengono trasformati in alcol etilico, anidride carbonica, energia (calore) e prodotti secondari, ad opera dei lieviti, soprattutto Saccaromiceti, secondo la reazione:
C6H12O6 (zucchero)   --------------->  2C2H5OH  + 2CO2  +  calore


L’andamento di questa reazione è influenzato da diversi fattori:
-          temperatura, mai superiore ai 37 °C per non bloccare l’azione dei lieviti, vini bianchi 18-22 °C, vini rossi 25-28 °C
-          concentrazione elevata del mosto, che può bloccare l’inizio della fermentazione
-          acidità del mosto
-          quantità elevata di lieviti e risorse nutrizionali
-          areazione del mosto
-          presenza di sostanze inibenti come anticrittogamici e anidride solforosa

Come abbiamo già visto i prodotti principali della fermentazione alcolica sono l’alcol etilico (o etanolo) e la CO2, ma non bisogna dimenticare la formazione di altre sostanze importanti che influenzano il gusto e l’aroma del vino: glicerina, acido lattico, acido succinico, acido acetico, acetaldeide e altri esteri e alcoli superiori.

In una prima fase la fermentazione viene detta tumultuosa, in quanto il mosto ribolle per lo sviluppo di CO2. Dopo l’operazione di svinatura (separazione del vino fiore dalle vinacce), inizia la fermentazione secondaria o lenta che si realizza travasando il vino in un recipiente di affinamento e conservazione. In questa fase si ha una diminuzione dell’acidità fissa a causa soprattutto della precipitazione di sali dell’acido tartarico, che in parte si erano già formati durante le fasi precedenti. Nei vini rossi la diminuzione dell’acidità è dovuta anche alla fermentazione malolattica.
Inizia così una fase di maturazione dei vini o crescita, nel corso della quale, questi acquisiscono limpidezza e stabilità. Seguirà poi l’invecchiamento per i vini con i giusti requisiti.
I prodotti ottenuti dopo questi passaggi, hanno subito trasformazioni a causa della fermentazione malolattica, che grazie a batteri specifici, trasforma l’acido malico (che ha un sapore pronunciato) in acido lattico (meno aggressivo). Si avranno trasformazioni delle sostanze coloranti e degli aromi.
Nei vini rossi, il colore si fa meno intenso, passa da toni rubino a toni granato e aranciati, i vini bianchi passano da dorati a sfumature più gialle.
I profumi si modificano e vengono persi gli aromi primari di uva e frutta fresca, per passare a un bouquet più intenso, fine e più complesso. Il sapore si equilibra e diventa più morbido.
In questa fase di maturazione è importante l’ossigenazione quando si effettuano i travasi o quando si usano recipienti in legno che permettono lo scambio gassoso in quanto porosi.
Nelle bottiglie tappate con sughero, prosegue l’invecchiamento, ma senza scambio di ossigeno (ambiente riduttivo), il vino raggiunge il punto più alto della sua evoluzione con le giuste tonalità di colore, l’eleganza e la finezza del bouquet e il gusto pieno e armonioso.

Dove matura il vino?
Possiamo avere diverse tipologie di contenitori dove il vino può maturare:
-          LEGNO         insostituibile per l’affinamento dei grandi vini rossi e alcuni bianchi. Le botti sono generalmente in legno di rovere, ma anche in legno di acacia e conferiscono aromi. Possono avere diversa capacità da 225 litri a oltre 1500 litri. Le botti con capacità di 225 litri prendono il nome di Barrique, mentre da 500 litri vengono chiamate Tonneau. Entrambe possono essere utilizzate sia per l’affinamento che per la vinificazione.
Il legno può presentare lo svantaggio di avere costi elevati, difficoltà di pulizia e sanitizzazione, è poroso quindi si possono avere perdite per evaporazione e rischi di trasmissione di difetti.
-          VASCHE IN CEMENTO    hanno costi moderati, adattabili logisticamente e sono migliori per l’affinamento rispetto all’acciaio.
Sono però difficili da pulire, rigide e si può avere il pericolo di fessurazioni che si supera con la vetrificazione.
-          CONTENITORI IN ACCIAIO       sono molto resistenti, inalterati nel tempo, hanno svariate capacità, sono facili da pulire e possono essere accessoriati. Hanno costi elevati.
-          CONTENITORI IN VETRO-RESINA (poliestere rinforzato con fibra di vetro) hanno varie e dimensioni, sono leggeri, hanno un basso costo e sono resistenti alla corrosione. Sono però fragili e difficili da mantenere in stato anaerobico.
-          BOTTIGLIE  principalmente esistono due tipologie: la Bordolese e la Champagnotta. Sono importanti il colore del vetro, il peso e la capacità. 

lunedì 7 marzo 2011




 Eventi DiVini
Le Associazioni Culturali "L'Isola delle Janas" e "Il Pungolo" presentano una serata dedicata al Vino,
ai suoi profumi e ai suoi colori, storia, produzione e analisi sensoriale!

Sabato 19 Marzo 2011 ore 18:00
Sala Ex-Montegranatico   Serramanna (VS)

domenica 6 marzo 2011

Coltivare "Consociando"

La coltivazione è sempre stata di fondamentale importanza per l'uomo, che nei secoli ne ha perfezionato le tecniche, migliorato geneticamente le piante, sfruttato al massimo il terreno e imparato ad abinare le specie vegetali per averne maggiori benefici.
Inizialmente un fattore molto importante era la "successione" delle coltivazioni, ovvero l'alternarsi delle varie colture su uno stesso terreno. Si può ricordare la tecnica del maggese con la quale si eseguiva una rotazione che prevedeva il riposo di una parte del terreno per permettere la rigenerazione della fertilità. Oltre a questo, un'influenza notevole è data anche dalla "consociazione", cioè la vicinanza delle specie vegetali nella coltivazione. Di conseguenza le varie sostanze prodotte dalle radici delle piante entrano in una sorta di "simbiosi-collaborazione".


Iperico

Perchè diventa utile applicare questa tecnica?
La consociazione permette di sfruttare al meglio gli spazi, sia a livello radicale, sia a livello di apparato fogliare, in questo caso risulta vantaggioso abinare vegetali con dimensioni differenti e con cicli biologici di diversa lunghezza. Viene assicurata una copertura maggiore del terreno e questo fa si che venga protetto dall'erosione e dagli agenti atmosferici.
La consociazione di leguminose con altre specie è vantaggiosa per la produzione di azoto delle prime. Nelle radici delle leguminose si crea un rapporto di simbiosi con un microrganismo chiamato Rhizobium, che è in grado di fissare l'azoto atmosferico e di renderlo fruibile per se stesso e per le altre piante che lo trovano disperso nel terreno.
Altre piante sono in grado di produrre sostanze repellenti che allontanano organismi indesiderati e "diffendono" le altre specie più vulnerabili.
In pratica è importante seguire certi accorgimenti come ad esempio coltivare vicini i fagioli con bietole, carote, cavoli, cetrioli, insalate, fragole, melanzane, mais, melone...
Da non sottovalutare che abinando assieme specie di differenti famiglie si favorisce la biodiversità della fauna che crea rapporti di antagonismo tra prede e predatori, permettendo una lotta biologica naturale per una coltivazione senza l'utilizzo di fitofarmaci e altri prodotti chimici.

Camomilla


Salvia officinalis

venerdì 4 marzo 2011

L'Orto Sinergico. Progettazione e primi sviluppi (2° fase)

Sentire, toccare e coltivare la terra, il modo migliore per ritrovare i contatti perdutti...
Con l'Orto Sinergico è possibile e soprattutto molto più facile. Perchè?
Questo metodo di coltivazione prevede il rispetto della struttura fisica e biologica del terreno, si basa sulla "non lavorazione" della terra in modo che questa si "costruisca" da sola. Ovvero si formino gli equilibri naturali tra radici, granulometria e organismi; proprio per questo è importantissima la costituzione di bancali di terra autoctona di un'altezza media di 40 cm e una larghezza di minimo 120 cm, la lunghezza non ha limiti e, assieme alla forma, può essere gestita dalla fantasia, l'importante è sempre lasciare i passaggi trasversali e paralleli ai bancali per poter effettuare le lavorazioni e permettere il passaggio di eventuali carriole. Le uniche zone di calpestio saranno appunto questi passaggi, mentre la coltivazione avverrà sopra e a i lati dei bancali che non subiranno più alcuna lavorazione meccanica.
L'irrigazione può essere impostata con un impianto a goccia che permette un risparmio idrico notevole. Una volta che questi lavori sono stati fatti, i bancali vengono interamente coperti da paglia, una pacciamatura naturale che permette di trattenere più acqua nel terreno, di far cresecere meno erbe infestanti che più avanti non verranno totalmente estirpate, ma bensì gestite in determinate fasi della coltivazione. Inoltre questa copertura ha il compito di proteggere il terreno dal compattamento e dagli agenti atmosferici, aiuta a far sviluppare meggiormente le colonie di organismi utili e protegge dal gelo. Quando le piantine cominceranno a spuntare, occorre "aprire" leggermente la pacciamatura in corrispondenza delle giovani foglioline. La paglia pian piano si decomporrà e andrà ad arricchire il terreno, quindi di tanto in tanto si renderà neccessaria l'aggiunta di nuovi strati.


primo bancale, centrale


bancale coperto con pacciamatura di paglia
 I primi "ospiti vegetali" di questo primo bancale, sono stati: un piantina di Salvia officinalis, posizionata al centro, semi di cipolla rossa, coriandolo e tarassaco. Le erbe officinali sono utili, con le loro sostanze volatili, per scacciare organismi indesiderati! Successivamente verranno impiantati altri ortaggi e legumi.


sementi ci cipolla rossa

cartellino indicativo della zona di semina del coriandolo

lunedì 7 febbraio 2011

L'Orto Sinergico. La nascita e la motivazione (1°fase)

Come guardiamo oggi l'agricoltura?
Le tecniche utilizzate per la moderna coltivazione riescono a far fruttare al meglio il terreno, dal quale l'uomo ottiene il massimo, forse troppo... Osservando bene si può notare che c'è qualcosa che non va, ma cosa?
Riflettendo e applicando alcune nozioni base, si può arrivare all'immediata conclusione che l'attuale situazione non potrà durare per sempre, infatti la nostra Terra ha bisogno di una "rigenerazione" una vera e propria rinascita per ristabilire gli equilibri perduti.
Questo è possibile in diversi modi, l'Agricoltura Sinergica ci può aiutare!
Si tratta di mettere assieme pochi, ma importanti principi che si basano sul naturale sistema con cui flora e fauna vivono. E' nato così un nuovo esperimento, un orto-giardino che avrà come obiettivo quello di rispettare la Terra, con minime lavorazioni e con la valorizzazione di tutte le specie animali e vegetali.
La Terra è come un organismo vivente che mangia, cresce, interagisce e ciò che vive con Lei, fa altrettanto, in un continuo scambio di energia, elementi nutritivi e vita!
I primi passi sono semplici e con queste immagini il concetto è reso meglio:
Campo vuoto in fase iniziale

Creazione di un punto di partenza centrale (non obbligatorio)

Lombrico: ospite ben gradito!

Forma a spirale dei bancali di terra (ognuno può sceglire la forma che desidera)

Primo ospite dell'Orto Sinergico: Salvia officinale.
Le piante aromatiche sono utilissime, perchè con le loro sotanze volatili allontanano nemtaodi

domenica 6 febbraio 2011

Il Pane: tradizione e tipicità

Fin dalla preistoria,  il frumento è stato il più importante dei cereali per il valore nutrizionale, culturale e sociale. E' una specie che è in grado di adattarsi ad ogni tipo di terreno e a differenti climi. 
I cereali allo stato naturale e il sistema digerente umano sono però incompatibili, per questo fin dal Neolitico, l’uomo ha trovato un metodo per cuocerli e trasformarli in un prodotto diverso dalla materia prima.
Le principali specie oggi coltivate sono due il Triticum vulgare (grano tenero) e il Triticum durum (grano duro), entrambe con un ampio ventaglio di varietà ottenute con incroci e selezioni per il miglioramento genetico.  Il T. vulgare  viene macinato in modo tale da produrre farina impiegata per confezionare pane, torte, biscotti e simili. Il T. durum invece, ha un colore ambrato, la cariosside è allungata e vitrea, viene usato nella produzione di pane, ma il principale utilizzo è la fabbricazione di paste alimentari.

COS'E' IL PANE?
Il pane è il prodotto dato della cottura dell’impasto, composto da farina o semola di grano, acqua, energia, agente lievitante e sale.

Una grande attenzione viene messa nella qualità di questi ingredienti e fra questi l'agente lievitante ricopre una grande importanza: è il principale fattore che caratterizza il prodotto finale, rendendolo tradizioneale o meno; la produzione di CO2 (anidride carbonica) è il meccanismo che permette l’aumento di volume dell’impasto: la sua origine può essere:
- chimica         utilizzando bicarbonato di sodio o bicarbonato di ammonio
- fisica             dato dall’azione meccanica delle chiare d’uovo montate a spuma
- biologica      ottenuta con il solo lievito di birra o con la fermentazione tradizionale

FERMENTAZIONE CON IL LIEVITO DI BIRRA
Il prodotto ottenuto con la fermentazione condotta unicamente da Saccharomyces cerevisieae (lievito di birra) è diverso da quello ottenuto con la fermentazione naturale.
Il Saccharomyces cerevisieae è un lievito, un fungo unicellulare che produce alcool e CO2 più qualche altro composto secondario. Non è in grado di  scindere l’amido (maggior componente della cariosside), utilizza solo l’1-2% di glucosio presente nella farina, non elabora né le proteine, né i lipidi che rimangono intatti.
Le fermentazioni di questo tipo sono il prcedimento classico con il quale operano la maggior parte dei panifici in quanto è una fermentazione semplificata, con tempi brevi (di circa 1 ora), con una maggiore gestibilità e un migliore controllo dell'igiene. Durante questo processo il pH rimane costante.

FERMENTAZIONE TRADIZIONALE
La fermentazione tradizionale è quella eseguita con la pasta acida, detta anche “su frammentu”, “pasta asceda” o “sa Madri”. È l’impasto di acqua e farina lasciato all’aria per un tempo più o meno lungo, nel quale avviene un “inquinamento” di microrganismi che si moltiplicano e danno origine a fenomeni fermentativi tipici. 
Su Frammentu è composto da una microflora complessa, costituita da: S. cerevisieae, S. esigus, Candida holmii, batteri lattici come Lactobacillus plantarum, L. brevis e L. sanfranciscensis. I batteri lattici completano la fermentazione panaria per quegli aspetti che il lievito di birra non riesce ad elaborare. Si ha un abbassamento del pH che si riflette in una maggiore conservabilità, maggiore fragranza, ottenendo così un alimento più facilmente digeribile perché i batteri elaborano i vari componenti della farina.
I batteri proteolitici scindono le proteine in amminoacidi, migliorando l'aspetto nutrizionale dando un prodotto più nutriente, sotto l'aspetto salutistco si ottiene un pane più facile da digerire anche per i celiaci per il ridotto contenuto di glutine.
Alcuni batteri sono amilolitici e riescono a degradare l’amido, facendo si che questo polimero del glucosio risulti in parte già “digerito” al momento del consumo da parte dell’uomo.
Elaborano gli zuccheri semplici, ottenendo acido lattico e CO2, utilizzano questi zuccheri per il loro metabolismo e ne riducono le quantità, dando così un pane con meno glucosio, che viene consigliato per i diabetici.

Con la Fermentazione Naturale abbiamo la presenza di una comunità microbica più complessa con tempi di processo più lunghi (> di 4 ore), la gestione è più articolata e l'aspetto igienico deve essere maggiormente controllato. Il pH subisce un abbassamento che svolge la funzione di barriera a microrganismi indesiderati.

COME NASCE SI FRAMMENTU?
La tradizione vuole che venga custodito, curato e conservato gelosamente, perché prezioso e indispensabile. E nella tradizione sarda questo compito era affidato alle preziose mani della donna.
Ad ogni panificazione ne veniva prelevato un pezzo e riposto in una ciottola al fresco e coperto con teli di cotone, per la volta successiva, qui cresceva e veniva nutrito, in quanto è un vero e proprio sistema biologico.
Ma ogni panificatore ha la sua ricetta segreta…
Si parte da un impasto di acqua e farina al quale si può aggiungere del miele.
Oppure si utilizza dell’acqua dove sono stati immerse uova, prugne secche e altra frutta.
Si possono integrare prodotti a base di segale oppure crusca, per apportare tutto il pool di batteri utili. Un’usanza tipica è quella di aggiungere latte fresco oppure yogurt.

QUALITA' DEL PANE TRADIZIONALE
Il pane ottenuto con la fermentazione tradizionale ha una più lunga conservazione a causa della maggiore acidità dell’impasto, la quale rallenta lo sviluppo delle muffe, l’alveolatura è più fine e regolare, dovuta ad una produzione di anidride carbonica più lenta e graduale per la  maggiore durata del processo fermentativo.
Il sapore e il profumo sono caratteristici, accentuati dalla formazione di sostanze organiche volatili e prodotti aromatici durante la cottura tra gli amminoacidi e gli zuccheri
Viene riscontrata una maggiore digeribilità ed assimilabilità del prodotto a livello digestivo

Vengono salvaguardate tradizioni e tipicità di un prodotto che ci lega alla nostra Terra